FUTURE AND BEHIND - mostra d'arte (a)contemporanea 5 - 25 Agosto 2015 CON-TEMPORARY 5
Sestiere Santa Croce 1592 - Venezia
Scarica l'invito Detlef E. Aderhold • Tete de Alencar • Duygu Nazlı Akova • Edgar Askelovic
Eskild Beck • Christin Bolewski • Rachel Boyle • Claire Burke
Tiffany Joy Butler • Oleg Chorny • Winnie KS Hui • Benna Gaean Maris
Marie-France Giraudon & Emmanuel Avenel • Claudia-M. Grimaldi
Leo Jahaan • Sao Fan Leong • Mary M. • Jorge Mansilla • Massimo Jose Monaco
Abramo ‘Tepes’ Montini • Adrienne Outlaw • B. Quinn • RoC
Dénes Ruzsa & Fruzsina Spitzer • Elle Smith • Anne Cecile Surga • David Theobald
Nara Walker • Jeffu Warmouth • Charles Woodman • Jody Zellen
Testo introduttivo
FUTURE AND BEHIND
Introduzione
La 56ª Mostra Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia è stata intitolata “All the World’s Futures” (tutti i futuri del mondo), un titolo a cui forse dovremmo posporre il punto di domanda. Viviamo in un presente di agitazioni a livello planetario, di frammentazione del pensiero, di crollo degli ideali, dove imperversa il disinteresse per la ricerca della giustizia e del rispetto, dove si rinnega il passato, lo si cancella, o lo si riadatta in funzione dei propri interessi.
Nei discorsi introduttivi di Paolo Baratta e Okwui Enwezor, rispettivamente Presidente e Curatore della Biennale, è chiara una presa di coscienza di fronte all'entità non più trascurabile dei tumulti sociali, tanto da poter percepire una celata titubanza nel proporre un titolo così ostinatamente positivista ed evocante speranzose prospettive.
Esaminando attentamente la realtà dei fatti, il preoccupante squilibrio socioeconomico mondiale è causato da radicali ingiustizie esasperate oltre ogni sopportazione, e cercare a tutti i costi una scappatoia nelle prospettive del futuro sembra piuttosto retorica per l'ultima scialuppa di salvataggio del Titanic.
FUTURE AND BEHIND è una mostra che vuole rispondere con senso critico alle prospettive suggerite dal titolo di questa Biennale. Attraverso le opere degli artisti invitati a esprimersi, scelti in modo equanime per le motivazioni sull'argomento, si esplica un percorso tematico volutamente tendenzioso: partendo dal concetto racchiuso nella frase
“aka-ta qhipa uru”, che nella lingua del popolo Aymara significa “da ora indietro”, la mostra vuole suggerire che se vogliamo vedere quanto di buono abbiamo tra le mani, da cui poter ripartire, dobbiamo inevitabilmente guardare al passato.
La mentalità del popolo Aymara è caratterizzata da un’esclusiva e antitetica concezione del tempo: diversamente dall’uomo contemporaneo che immagina di essere in transito nel presente con il futuro di fronte e il passato dietro, gli Aymara vedono se stessi con il passato di fronte e il futuro alle spalle.
Il passato è il futuro
L'idea di FUTURE AND BEHIND nasce come indagine sul pensiero umano nella percezione del rapporto tra futuro e passato e sulla congetturale interferenza del tempo sull'agire presente. L'iniziativa può essere considerata come un necessario sviluppo del discorso iniziato con la mostra “ecointegralista” OIKOS dedicata al rapporto tra uomo e ambiente, mentre il titolo è stato scelto in contrapposizione a quello della 56ª Biennale d'Arte di Venezia.
La mostra venne concepita appena fu annunciato il titolo “All the World's Futures” dato alla 56ª edizione della Biennale, volendosi porre in contrapposizione alle prospettive da esso suggerite.
Nel contesto globale assistiamo a grandi disagi umanitari, masse di persone costrette a migrare, forte ingiustizia sociale, prevaricazioni, guerre. Ci domandiamo: ma di quali futuri si parla? Siamo nel mezzo di un disastro planetario, tra decadimento etico, inquinamento, speculazione finanziaria e inasprimento dei conflitti, un mondo preda del più abietto menefreghismo, del
mors tua vita mea, dell'incoscienza cagionata dal cinismo e dall'avidità.
Com'è possibile guardare al futuro, se il mondo su cui dovremo camminare si sta già sgretolando sotto i piedi?
Dovremo salire sopra i corpi di quelli caduti per guardare oltre?
In seguito, durante la presentazione della 56ª edizione, e sorprendentemente in contrasto col titolo della Biennale, il Presidente Paolo Baratta ha dimostrato una grande attenzione per la memoria e il passato, espresso nella metafora della storia che inesorabilmente cresce come una montagna, oltre alla constatazione delle tensioni sociali, per cui ha definito quest'epoca
“Age of Anxiety.” Pertanto FUTURE AND BEHIND si ritrova piuttosto in sintonia con queste sue parole, tanto che si potrebbe considerare come un apporto esterno composto di trentuno voci che all'insegna della pluralità rispondono al suo
“Parliament of Forms”, ossia si uniscono a quelle dei centotrentasei artisti convocati dal Curatore Okwui Enwezor, che è stato scelto sicuramente per la sua personale sensibilità riguardo a queste tematiche sociali.
Nella presentazione della Biennale fatta da Enwezor, è strabiliante la coincidenza del riferimento all'interpretazione dell'Angelus Novus di Paul Klee presente nella tesi di filosofia della storia di Walter Benjamin¹: potrà sembrare inverosimile, ma l'attinenza alla metafora della filosofia Aymara è puramente casuale.
L'evocazione dei problemi e degli orrori nella società contemporanea fatta dal Presidente della Biennale durante la presentazione, seppur encomiabile, si limita alla sola constatazione. Si può comprendere che per una realtà complessa come la Biennale, che deve tutelare sia la propria esistenza che i partner coinvolti, esporsi politicamente contro il sistema delle cose e degli interessi, ben lontani da quelli della cosmesi artistica, può risultare difficile. Si può andare oltre la semplice circumnavigazione turistica degli accadimenti, approfondendo il perché, cercando le cause e possibilmente rivelando le responsabilità.
Ma è proprio la metafora dell'interpretazione dell'Angelus Novus di Benjamin che più lascia perplessi: perché non puntare i piedi per opporsi a quella tempesta? Perché non reagire? Non può essere divino quel vento metaforico che sospinge verso il futuro e ci allontana dal passato. Certamente il tempo ci appare come un vento che scorre sempre e solo in avanti, ma l'uomo ha imparato a veleggiare anche controvento dirigendosi dove vuole, pure tornando al punto da cui era partito, e sotto questo aspetto l'Arte è qualcosa di divino, certamente.
Sempre a dispetto del titolo della Biennale, molte opere scelte da Enwezor guardano al passato, e hanno vocazione umanista, o umanitaria; non poteva essere altrimenti, viste le origini del Curatore che di certo conosce le ferite subite dal continente africano, le guerre, dove ciononostante molti popoli hanno saputo conservare un attaccamento alla natura e alla ruralità mantenendo un alto livello di civiltà e rispetto, similmente alla civiltà contadina nel mondo occidentale. Questa Biennale sembra l'inevitabile continuazione del discorso aperto da quella che potrebbe essere considerata l'opera più toccante, strabiliante e potente della scorsa edizione: “The Enclave” di Richard Mosse per il padiglione irlandese, in cui la follia bellica s'insinua col fascino della modernità nell'ancestrale idillio di un'Africa agreste, fino a distruggerlo drammaticamente.
Negare il passato o volersene disfare è un atteggiamento distruttivo, non a caso i Futuristi erano inclini alla guerra; le loro opere oggi ci sembrano perfino antiquate e questo ci fa comprendere come tutto sia inevitabilmente legato alla caduca contemporaneità e sia una conseguenza del passato, una reazione all'accaduto, diventando immediatamente e inesorabilmente parte del passato. Credere nel futuro è uno stato di esagitazione che, se estremizzato, porta alla distruzione di tutto in nome del nulla, perché il futuro è solo una congettura.
Ma non si tratta di passatismo, di inclinazione alla nostalgia: considerare il passato significa conoscere ciò che c'è, ossia il cosmo, e ciò serve per non muoversi a tentoni.
Il futuro è ormai uno stereotipo, una cieca convinzione dietro a cui la gente si barrica ostinatamente da troppo tempo adagiandosi su pretestuosi e anestetizzanti slogan privi di sapore, che sembrano i leziosi luoghi comuni ostentati in certi vernissage da inconcludenti protagonisti nel bordello del compiacimento.
Quello che manca in quest'epoca è un impulso, una motivazione logica e condivisibile. Quell'impulso non può più essere l'ostinazione allo sviluppo, giacché soffriamo proprio di eccessiva crescita: la bulimia produttiva e consumistica è riuscita in mille modi a riversare le proprie nefande conseguenze fino a contesti estremamente lontani, sia spazialmente che temporalmente.
Inevitabilmente questo rapido e ipertrofico sviluppo all'insegna del futuro si sta sgretolando per mancanza di una base solida, come accade per le bolle speculative; lo si può vedere negli effetti della cosiddetta crisi economica. Una bolla che scoppia non lascia che una diafana traccia e magicamente rivela l'unica cosa certa che nascondeva: il passato, formatosi lentamente, per sedimentazione.
Lo stesso bisogno da cui scaturisce l'espressione artistica, che si concretizza nelle opere d'arte, ha lo scopo d'immortalare dei precedenti, di lasciare delle contemporanee tracce dell'esperienza che possano essere osservate in futuro, come per marcare la strada che è stata percorsa dalla civiltà umana.
Le opere d'arte sono a nostra disposizione nei momenti di crisi, quando ci troveremo in un vicolo cieco o il terreno si starà sgretolando sotto i piedi.
Soffermiamoci, voltiamoci indietro per ritrovare la strada percorsa, valutando se è quella giusta, capiamo da quale passato proveniamo.
Anche il testo che avete appena letto è un messaggio dal passato.
¹ “C’è un quadro di Klee che s’intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. ... Ha il viso rivolto al passato. ... Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, ...” - Walter Benjamin, Tesi di filosofia della storia.
(Testi completi sul catalogo) Galleria delle opere
Video artworks
Tutti i video proiettati alla mostra
Video
Video-souvenir della mostra
Video performance vernissage
Performance "Hair Pull" by Nara Walker, 5 agosto 2015
Catalogue
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Catalogo FUTURE AND BEHIND - Mostra d'Arte(a)contemporanea, italiano | inglese, 114 pagine A4 (21 × 29,7 cm) a colori
Come arrivare
Si accede a questa Calle de Mezo (in Venezia vi sono altre calli con lo stesso nome) dal Campo San Giacomo dell'Orio, la piazza proprio dietro l'abside dell'omonima chiesa, passando sotto il sottoportico Calle de Mezo.
A piedi e in treno: Calle de Mezo in Campo San Giacomo dell'Orio si trovano a 500 metri dalla stazione ferroviaria di Venezia Santa Lucia, partendo dal Ponte degli Scalzi, passando per le Fondamenta Garzotti che costeggiano il Rio S. Giacomo da l'Orio, circa a metà strada andando verso il Ponte di Rialto.
In battello: scendere alla fermata San Stae e camminare per la Salizada San Stae seguendo le indicazioni per la stazione ferroviaria e girando per la Calle Colombo. Distanza a piedi dal pontile: 400 metri.
In automobile e autobus: dal parcheggio di Piazzale Roma raggiungere la stazione ferroviaria poco distante e quindi seguire le indicazioni sopra riportate.
n aereoplano: dall'aeroporto Marco Polo, raggiungere la stazione ferroviaria di Venezia Santa Lucia con un autobus navetta, quindi seguire le indicazioni sopra riportate.